mercoledì 29 luglio 2015

Come si cambia...



Decenni fa, in un'altra Italia, in un altro mondo, ero un bambino che i fratelli chiamavano Tello, così che qualcuno tratto in inganno da un casuale "Oh, Tello!" pensava mi chiamassi Otello. Ero allegro come adesso e, dove mi trovavo a mio agio, dotato di una lingua senza freni guidata dalla logica infantile, quella che non ammette repliche. Davanti alle incognite di quello che mi circondava (la scuola, le visite ai parenti, un viaggio in treno o la prima - e unica - giornata al mare) ero invece un silenzioso osservatore che cercava di capire, di decodificare, di "entrare" nei misteri del nuovo. Quando non conoscevo le "regole del gioco" di ambienti e situazioni, cercavo di seguire la corrente e farmi notare il meno possibile.
Poi sono cresciuto un po', e per alcuni sono diventato pienamente Marcello o Toninelli, fino alle superiori quando cominciò ad appiccicarmisi addosso il diminutivo del cognome, e per molti anni sono stato per tutti Toni, così che qualcuno, equivocando sull'origine del diminutivo, pensava mi chiamassi Antonio. Entrato in banca, per i colleghi meno stretti e i clienti diventai orribilmente "ragioniere" (non mi sono mai sentito così vecchio come quando, diciannovenne neodiplomato, presentandomi alla sede del Monte dei Paschi per il colloquio d'assunzione, mi sentii dire da una segretaria: "Si accomodi, ragioniere"), e per alcuni colleghi-amici, fui pure Tonino.
Passato ai fumetti, e dall'ambiente bancario-politico senese a quello universitario pisano dove avevo conosciuto Patrizia che poi avrei sposato, tornai a essere pienamente Marcello. Trasferitomi a Milano e intrapresa l'incosciente avventura d'editore, al telefono per molti diventai automaticamente "dottore", e a nulla valsero le precisazioni ("sono appena ragioniere" o "non sono nemmeno infermiere"), mentre, man mano che diventavo conosciuto ai lettori, cominciavano a fioccare gli "artista" e l'orribile "maestro" (e a nulla serviva contestare che non ero nemmeno bidello), mentre io mi sono sempre sentito solo e semplicemente un "raccontatore", indipendentemente dal fatto che raccontassi le mie storie e storielle a fumetti o in prosa.
Nel frattempo, da semplice persona ero diventato anche "il ragazzo di Patrizia", poi "il marito di Patrizia" (con contorno di categorie varie come cognato, genero, cugino acquisito...) e infine "papà" (o, rientrato in Toscana dopo diciassette anni milanesi durante i quali erano nati Jacopo e Serena, "babbo") e "zio".
Adesso, come dimostra il selfie di gruppo qui sotto, scattato durante il viaggio da Livorno alla Romagna per partecipare all'ultima Riminicomix, da "adulto che porta i figli alle mostre di fumetto", sono diventato il "genitore che viene accompagnato alle mostre dai figli" (e contorno di fidanzati e fidanzate). Vabbe', al ritorno ho guidato io, ma il cambio di "categoria" c'è comunque stato, e sono gradini da cui non si torna indietro
Come si vede, i cambiamenti nel modo in cui mi vedono/vivono le altre persone sono stati molti e di vario genere. Certo sono cambiato anch'io. In tanti anni, qualche esperienza sia nel bagaglio personale che in quello professionale l'ho accumulata. Eppure mi rendo conto che, se si gratta un po' quello strato superficiale di esperienza, subito sotto c'è ancora Tello, allegro, senza peli sulla lingua e attentamente curioso del mondo.
Forse la verità è proprio che, per quanto si possa cambiare fisicamente e mentalmente e nel modo in cui gli altri ci percepiscono, dentro saremo sempre il bambino che eravamo.



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