mercoledì 21 febbraio 2018

Un rabbino nato in branda


All'inizio degli anni 70 partii per Casale Monferrato dove mi aspettava il CAR (Centro Addestramento Reclute), terminato il quale fui trasferito a Padova per finire lì il servizio militare o, come si diceva allora, la Naja. Come ho già raccontato qui, mi fu compagno di sventura Piero Battaglia (nella foto sopra, con me alla Terrazza Mascagni di Livorno nello scorso novembre) col quale ho recentemente realizzato il "Nuovocabolario" di cui si parla nel post su linkato.
Oltre che con i giochi di parole, l'amico porlezzino si dilettava a inventare "storielle" fulminanti su un rabbino al quale aveva dato il nome di Rosenthal.
Lasciata la caserma e subito dopo la banca, deciso a fare il fumettista mi ritirai in un appartamento a Quinciano, località d'una frazione d'un paese in provincia di Siena: 40 anime in tutto e la sveglia delle faraone della vicina nella tarda mattinata, dopo che avevo tirato tardi a disegnare o giocare a Monopoli o a scacchi con qualche amico. Vita bucolica da fumettista un po' bohémien.
Appena finito il militare, l'amico Bonvi mi procurò un lavoretto alla Ediperiodici, piccole parodie di pubblicità televisive per il loro mensile Telerompo. All'epoca sognavo di fare fumetti... ma praticamente non sapevo disegnare, così appena mi resi conto che i responsabili della casa editrice non erano molto contenti del mio operato, smisi di chiedere altre sceneggiature e, per diversi mesi, vivendo con la liquidazione della banca, scrissi e disegnai-scarabocchiai di tutto un po', senza sapere bene dove battere la testa.


Prima di approdare a uno studio genovese che mi affidò il disegno a matita (e poi anche l'inchiostrazione e in seguito pure la sceneggiatura: quella pubblicazione rappresentò per me una vera e propria scuola... da autodidatta) de Le sexy operette che mi dettero da vivere per i quattro anni successivi, tra le varie cazzatelle messe su carta ci fu anche il Rabbi Rosenthal inventato dall'ex commilitone.



Disegnai - chissà perché, su fogli giganteschi che non sono riuscito a far entrare del tutto neanche nello scanner A3... e pensare che oggi sono diventato quasi un miniaturista! - quattro "vignette" dello scombinato religioso. Non ricordo se le battute erano tutte farina del sacco di Piero o se una o due le aggiunsi di mio. Comunque, insieme a tutte le altre inguardabili opere nate in quei mesi, quell'ingombrante opera è rimasta più di quarant'anni a dormire nei miei cassetti. Quando recentemente ho potuto riabbracciare Piero (ritrovato grazie a quell'infernale "piazza" del web che è Facebook), tra i vari ricordi tornati inevitabilmente alla memoria è saltato fuori anche il Rabbi. Così, appena ho trovato un attimo di tempo, ho tirato fuori dalla naftalina i quattro paginoni e... eccoli qui in tutta la loro impresentabilità a testimoniare inesperienza, ingenuità e robusta ignoranza (ho piazzato Rosenthal in una chiesa con crocifissi e statue di santi! Per non parlare del fantasioso inglese del cartello nella quarta vignetta) dei miei vent'anni. Come si vede, erano i tranquilli tempi in cui si usava la parola "negro" senza alcuna accezione negativa o problemi d'alcun tipo.
Un po' perché avevo tempo da perdere e un po' probabilmente per nascondere le lacune nel disegno, riempivo le vignettone di un fitto intreccio di linee. I testi li scrivevo con le lettere trasferibili della Letraset senza neanche tirare una riga con la matita per restare in linea!






Magari, se trovo ancora un po' di tempo libero (e non sarà domani, ma nemmeno l'anno prossimo, temo) proverò a riprendere in mano il personaggio con un po' di mestiere in più nella matita e maggiori conoscenze sulla religione ebraica. Naturalmente, insieme a Piero.
Se succederà... ve ne darò naturalmente notizia su queste colonne, perciò restate sintonizzati.


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